La Direzione ASP Enna sulla notizia del decesso di due pazienti COVID e sul sostegno tra comunità

Lo scenario della guerra che siamo chiamati a combattere  – tutti, nessuno escluso – è stata per noi, oggi, ancor meglio definito da due vicende.

Una, dolorosa, la morte dei primi due pazienti ennesi COVID di questa seconda ondata pandemica.

L’altra, che conferma la direzione da intraprendere, è la notizia che la Germania sta accogliendo pazienti COVID dalla Francia, mettendo a disposizione di cittadini stranieri i propri ospedali.

La morte dei due vecchietti, e non per questo meno dolorosa, è la dimostrazione che la tragedia ci riguarda, non è un fatto mediatico che tocca altri e non noi, che essa è dietro l’angolo e che siamo chiamati a compiti straordinari per il cui svolgimento occorre un impegno ugualmente straordinario, ma soprattutto una visione nuova che rivoluzioni il nostro pensare ed agire quotidiano.

Altrimenti la tragedia, che è oggi di due famiglie, lo sarà di una intera comunità provinciale. E sarà inutile illudersi che i destini di una città possano essere separati da quelli di un’altra; solo insieme potremo vincere questa guerra e se la perdessimo, nessuna città si salverà: insieme o vinciamo o periamo.

Che sciocchi saremmo se pensassimo di celebrare ancora vecchie liturgie, se ci interrogassimo su come conquistare opportunità e successi di parte, se gridassimo per chiedere qualcosa per noi, e per noi contro altri. O se pretendessimo giusti diritti  – sicurezza, assistenza, cura – immaginando che a pagarne il costo debbano essere solo altri, e non anche noi.

L’unica domanda che oggi vale la pena farsi, ed ascoltare, è su quale contributo ciascuno, singola persona o comunità, può dare al bene comune, a creare un sistema che deve poter, senza distinzione di età o appartenenza territoriale, garantire a tutti il diritto alla salute: a chi è ammalato di Covid e a chi ammalato lo è di altra patologia.

Non sono gli stendardi delle singole città che contano, non l’orgoglio delle appartenenze territoriali. Siamo tutti su un’unica barca che dobbiamo portare in salvo, pur con le inevitabili perdite e senza che nessuna di queste possa accadere per nostra insipienza, vigliaccheria, gelosia, egoismo, di persone o di comunità.

Siamo chiamati tutti a scelte dolorose, a rinunce.

Le dovremo compiere tutti, rispondendo a logiche che non attengono alla politica o al municipalismo, ma esclusivamente a criteri epidemiologici.

Abbiamo il dovere di compierle e di spiegarle, perché tutti abbiano la certezza della lealtà di chi le compie e della loro rispondenza all’obiettivo del bene comune, unica stella polare che dovrà guidare i nostri passi.

Cogliamo con speranza come tale consapevolezza stia crescendo nella coscienza degli Amministratori delle nostre comunità, e siamo loro grati per la loro disponibilità a mettere insieme, condividere opportunità e risorse.

La notizia dell’accoglimento, da parte della Germania, di malati provenienti dalla Francia è una testimonianza concreta e fattiva del sostegno tra comunità  e della reciprocità nel momento del bisogno divenuto emergenza. La riflessione è doverosa perché al bisogno, sempre più emergenza, le risposte che singolarmente i popoli, e le nazioni, hanno dato finora non sono più sufficienti. La cooperazione tra comunità può essere la misura forse più importante e valida  da adottare, non solo come atto istituzionale tra governi  ma anche come sentimento individuale e collettivo di fronte alla ricerca di risposte per arginare la pandemia.

Lasciateci anche esprimere la nostra ammirazione per le organizzazioni sindacali, i lavoratori  – generali e semplici soldati –   impegnati in prima linea a combattere e ai quali va il nostro infinito grazie. Per quello che già hanno fatto e per quello che hanno ripreso a fare dandoci una lezione di generosità, solidarietà, intelligenza di cui dobbiamo saper essere degni con il solo modo che abbiamo per farlo: essere tutti insieme generosi, solidali, intelligenti della gravità del tempo che siamo stati chiamati a vivere.

Francesco Iudica

Emanuele Cassarà

Sabrina Cillia

 

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